Sustainability at Pitti:
Ordinary Disorder
Editoriale
Edizione 100
06.07.2021
Ordinary Disorder cambierà l’idea che hai del menswear sostenibile

Sustainability at Pitti è una serie di interviste per celebrare chi sta rinnovando il mondo della moda con un’attenzione speciale verso l’ambiente. Dando voce ai designer che mettono la sostenibilità al centro del loro lavoro, speriamo di ispirare e guidare un'ondata di cambiamento nel nostro settore, aiutando tutti a impegnarsi insieme per un futuro migliore.

Quando Eva Schuller ha fondato Ordinary Disorder nel 2019, il suo scopo era quello di cambiare l'idea che le persone avevano del menswear responsabile. "Ho sempre avuto l'impressione che molti semplicemente non sapessero quanto possano essere belli i capi naturali", ci dice quando la contattiamo per saperne di più del suo marchio. “Molte persone hanno una certa idea dei capi sostenibili, che riportano alla mente per lo più brutti toni del beige e del verde, o t-shirt o felpe con cappuccio con grandi stampe. Non fraintendetemi, io adoro le felpe con cappuccio e le magliette, ma è ancora l'unica immagine della moda sostenibile che hanno ancora molte persone".
"Anche se alcuni brand hanno iniziato recentemente a creare collezioni streetwear sostenibili e si stanno organizzando per avere forniture sostenibili", continua, “sentivo che mancavano ancora opzioni urban, per l'abbigliamento maschile. Con ordinary disorder, volevo essere parte di questo movimento e mostrare una nuova via per la sostenibilità, [facendo] moda per il guardaroba quotidiano, comodo e semplice con piccoli tocchi inaspettati, modelli piuttosto minimalisti, con riferimenti ricercati”.

 
Mentre molte aziende si concentrano sul produrre in grandi quantità per incassare di più, per Schuller, l'obiettivo è una produzione slow. Con la sua estetica minimale e il suo approccio attento ha più tempo per concentrarsi su materiali di alta qualità e, fondamentalmente, sulla bellezza di un capo. Creare in quantità minori modelli che le persone vogliono davvero indossare nel tempo, aiuta a garantire che i capi durino a lungo, seguendo una logica che è necessaria per ridurre l'impatto globale dell'industria della moda.

Leggi l’intervista di seguito per scoprire di più su Ordinary Disorder, l'approccio consapevole di Schuller al design e i suoi consigli per creare un marchio responsabile.
Cosa presenterai a Pitti quest'anno? Puoi parlarci delle tue collezioni e di cosa le ha ispirate?

Presentiamo una selezione delle prime due collezioni: “Urban Impressions" si ispira all'architettura pulita e lineare e alla vita moderna della città. Monocromatiche, cool e casual, colori e forme minimal incontrano materiali morbidi. La collezione è pensata per gli urban nomads che amano cogliere ogni occasione che la città offre e ne amano i ritmi, dal fare un pitch di design di fronte a un cliente al drink dopo il lavoro con gli amici, sempre vestiti in maniera adeguata.

“Urban summer” è la linea più colorata. È un'ode al momento in cui il sole tramonta lentamente e l'intera città è immersa in una luce dorata. Quelle lunghe e interminabili serate estive in cui puoi comodamente goderti un drink fresco su un rooftop, uscire con delle belle persone e farti semplicemente sorprendere dalle avventure che porta la notte. Questa sensazione e queste immagini sono state la fonte di ispirazione per i colori e i modelli di questa collezione.

 
Come trovi i tessuti? Quali fattori consideri?

Acquisto i miei tessuti alle fiere del tessuto o da diverse aziende che producono stoffe certificate GOTS – alcune le conosco da anni. Per la prima collezione, ho lavorato insieme a una piccola tessitura tedesca a conduzione familiare che produceva tessuti da cotone biologico certificato, specificatamente per Ordinary Disorder. La cosa più importante per me è che i tessuti siano certificati (GOTS)/realizzati con materiali biologici certificati o che siano realizzati con fibre sostenibili e provengano da una fonte che produce in maniera sostenibile.

Puoi parlarci del tuo processo di produzione?

Il processo di produzione di Ordinary Disorder si differenzia per le tipologie di prodotto che proponiamo. In generale, ogni anno rivaluto la collezione e controllo quali elementi mancano o se ho bisogno di espandere la linea/i temi su cui vorrei lavorare a livello creativo. Il processo di approvvigionamento richiede molte risorse: tutti i tessuti con cui lavoro devono soddisfare determinati requisiti di sostenibilità. Il passo successivo è sviluppare i primi prototipi e verificare se un capo soddisfa davvero le esigenze che dovrebbe. Se approvato, un modellista si occupa del modello e vengono realizzati i primi campioni, o da uno dei freelancer con cui collaboro, o direttamente nei siti di produzione. Sono molto felice di aver trovato aziende più piccole attente alla qualità in paesi vicini all'Austria, così da poter ridurre ulteriormente l'impronta ambientale dei capi.
 
Quali sono le sfide più grandi che il tuo brand si trova ad affrontare nella creazione di collezioni responsabili?

Per me, fare moda responsabile non riguarda solo l'approvvigionamento dei tessuti, ma anche come e dove tutto viene prodotto. Per me è importante produrre a livello locale, il più vicino possibile a Vienna, e tengo molto alle condizioni in cui si lavora. Trovare i giusti partner di produzione che soddisfino le mie aspettative e che offrano i loro servizi a prezzi ragionevoli è stata sicuramente una bella sfida. Ma credo che valga la pena fare il possibile per il brand. Inoltre, un numero crescente di clienti vede i vantaggi della moda sostenibile. Ma dal momento che ogni marchio ha la sua idea di cosa significhi, ognuno sta affrontando sfide diverse. Naturalmente, ci sono ancora alcuni limiti sulla disponibilità dei materiali per motivi di sostenibilità, ma ogni stagione è sempre meglio.

 
Cosa pensi delle presentazioni stagionali? C’è ancora bisogno di presentare le collezioni in questo modo?

Ho opinioni contrastanti sulle presentazioni stagionali. Certo, per molte persone il business deve andare avanti e il lavoro continuare come prima, ma abbiamo anche imparato che dobbiamo ripensare la nostra gestione delle risorse e i nostri modi di lavorare. Dal mio punto di vista, c'è ancora molto margine di miglioramento, dovremmo rallentare e agire in modo più responsabile. La velocità con cui vengono prodotte le nuove collezioni non può essere la soluzione. Anche questo è uno dei motivi per cui ho deciso di proporre collezioni annuali che si costruiscono in maniera modulare, le une con le altre.

Come riesci a conciliare la tua consapevolezza rispetto all'impatto ambientale dell'industria della moda con la progettazione e la realizzazione di nuovi prodotti?

Questa è una bella domanda. Ci ho pensato molto, non solo prima di creare un nuovo prodotto, ma prima di fondare la linea. Con Ordinary Disorder, sto cercando di offrire un prodotto di nicchia: uno stile urban creato in maniera sostenibile. Prima di produrre nuovi capi verifico sempre se i design siano sufficientemente basic e timeless da poter essere indossati a lungo e in diverse occasioni, oltre che sufficientemente speciali da potersi distinguere. Quando si tratta della produzione, cerco di mantenere l'impronta ambientale dei capi il più bassa possibile, anche per quanto riguarda il trasporto e il confezionamento, mantenendo la produzione e l’approvvigionamento a livello locale e utilizzando tessuti sostenibili. Facendo una sola collezione all'anno e cercando anche di produrre una selezione di capi su richiesta evito di sovrapprodurre, una cosa che generalmente vedo come un grosso problema.


 
Cosa ne pensi dell’impegno del settore verso la sostenibilità? Quale cambiamento vorresti vedere?

Penso che l’impegno non sia sufficiente. Mi piacerebbe vedere ritmi più lenti, come quelli che tutti sono stati costretti a fare durante l'ultimo anno di pandemia. Vorrei vedere più consapevolezza sulla produzione responsabile, meno “greenwashing” da parte delle grandi aziende come trend di marketing, e più trasparenza vera. Inoltre, si possono sviluppare più concetti per un'economia circolare. Dal mio punto di vista, ci sono ancora troppi clienti là fuori che non sanno che se una maglietta costa solo 9 euro, qualcun altro deve pagarne il prezzo.

 
Hai qualche consiglio per marchi e designer che vorrebbero essere più sostenibili? 

Guardare bene da dove provengono tutti i materiali e tutti gli elementi, e in quali condizioni vengono prodotti i tuoi tessuti e gli accessori. Comunicare apertamente ciò che si sta facendo e come si decide di rifornirsi: le persone hanno bisogno e vogliono saperne di più su come sono fatti i loro capi e da dove provengono. A molti clienti interessa davvero, e questo è già un ottimo inizio.



 
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