Pitti Predicts:
Inclusivity
Editoriale
Edizione 102
30.05.2022
Pitti Predicts è il nostro filo diretto con l’Instagram archivist Samutaro, che ci racconta le tendenze di Pitti Uomo 102 e i trend del futuro da tenere d’occhio.

La fiera di moda e lifestyle maschile Pitti Immagine Uomo, che si tiene due volte l’anno, è considerata da sempre una delle migliori al mondo. Ogni stagione, questo evento esclusivo trasforma Firenze in una passerella diffusa per tutta la città, in cui si ritrovano i più influenti campioni di stile, arrivati per fare affari e scoprire le ultime tendenze.

Pitti Uomo attira alcuni degli uomini più eleganti al mondo, ma non solo. 
Perchè il sartoriale è sempre fonte di ispirazione, ovunque e in qualsiasi momento, anche da chi meno te lo aspetti! E infatti sono molte le donne che rubano la scena ai gentlemen con i loro outfit dal tailoring impeccabile, dimostrando che Pitti non è affatto un palcoscenico per soli uomini.
“In definitiva, era chiaro che le donne a Pitti sono tutt'altro che semplici accessori", scriveva The Rake dopo la 95esima edizione di Pitti Uomo. "Si presentano con l'inconfondibile aria di chi è sicura di sé e consapevole della propria influenza sulle tendenze di acquisto future e sui guardaroba delle loro controparti maschili e femminili".
A giugno, Pitti Immagine Uomo 102   conferma  l’impegno per una maggiore inclusività ospitando due influenti designer donne riconosciute per il loro contributo al dibattito sull’identità maschile. L’ospite d’onore sarà la stilista belga Ann Demeulemeester, che curerà personalmente un’antologia del  suo straordinario lavoro degli ultimi 40 anni. Un talento visionario, il suo, che ha valorizzato l’androginia per decenni, decodificando i capi secondo nozioni di genere proprie, romantiche e fluide, che hanno aiutato il settore ad accogliere sempre di più una certa non-conformità di genere.


A Demeulemeester si aggiunge Grace Wales Bonner,  protagonista di una nuova generazione di talenti dalla Gran Bretagna. Vincitrice del premio LVMH 2016
Wales Bonner supera i confini di genere, sessualità, Black identity e sposta l’osservazione sul menswear da una dimensione tradizionalmente eurocentrica a quella afro-caraibica, in onore alle sue origini giamaicane.
Uno dei pezzi iconici del suo lavoro è attualmente in mostra al V&A di Londra in occasione di Fashioning Masculinities: The Art of Menswear. 
Seguendo le orme di altri Pitti alumni tra cui Thebe Magugu, Telfar Clemens e Shayne Oliver di Hood By Air, Wales Bonner  esprime la sua visione di mascolinità mettendo in primo piano le voci emarginate nella moda di lusso. Il marchio omonimo è stato fondato "in reazione a una mancata pluralità, soprattutto per quanto riguarda la presenza di uomini di colore nella moda", come ha spiegato al Financial Times. “Mi sto riallacciando a una discendenza e una storia in cui ci sono molti esempi di personaggi eleganti e sofisticati che sono stati esclusi dalla narrazione di cui facevano parte".
Sebbene oggi diversità e inclusione siano diventate parole abusate nell'industria della moda, ai tempi degli studi di Wales Bonner a Londra questi termini non erano comuni. Le modelle erano più o meno tutte bianche, giovani e, se donne, magrissime. C'era pochissima se non nessuna pluralità razziale ai piani alti delle maison di lusso europee. Quindi, presentando la sua collezione di laurea indosso a modelli per lo più neri o biracial, il messaggio della stilista per l’intero settore era forte e chiaro. "Ho un'immagine molto precisa di cosa sia la bellezza maschile", aveva detto.
Wales Bonner ha lavorato su questi temi sin dagli inizi, ma non ama sentirsi elogiare per questo. "C'è una nuova ondata di giovani designer che sostengono una visione più plurale del mondo, che trovo importante e significativa". Tra i suoi contemporanei londinesi, altre quattro donne di colore britanniche stanno esplorando i loro background attraverso gli abiti. Bianca Saunders, Priya Ahluwalia, Paria Farzaneh e Martine Rose sono solo alcuni dei nomi di spicco che hanno aperto la strada a una nuova prospettiva femminile sul maschile.


Dopo la sua prima sfilata a Londra, Priya Ahluwalia aveva confessato di sentirsi scossa per l’emozione: “È stata una delle cose più belle di sempre! Non posso crederci davvero!” Ma non era stata soltato la sua prima collezione donna ad averla riempita di felicità. "Sicuramente sento che un cambiamento è in atto", aveva detto Ahluwalia, di origini nigeriane e indiane, ad Anders Christian Madsen di Vogue su come l'intera atmosfera della settimana della moda fosse cambiata dopo la pandemia: "Quando ero ancora una stagista, l’ambiente era molto eurocentrico. Ora mi sento al sicuro a parlare con le altre persone della mia cultura".
Al di là di questi momenti esperienziali, i brand di moda stanno rafforzando la loro presenza nella vita quotidiana dei consumatori con l’offerta di oggetti per la casa. La spesa per la cura di sé e dell’ambiente domestico ha subìto un’enorme impennata durante la pandemia, spingendo così un numero crescente di produttori e retailer a diversificare il proprio portafoglio di prodotti per soddisfare i nuovi bisogni.
Questo approccio è stato anche uno dei pilastri su cui si è fondato il lavoro del visionario designer Virgil Abloh, scomparso lo scorso novembre, che ha dedicato la sua carriera a promuovere equità e inclusività nella moda. Abloh ha sempre usato il proprio status per aprire porte agli altri, piuttosto che chiuderle – è stata questa la missione di un uomo che credeva  profondamente nel potere della differenza. “La diversità non è solo una questione di genere ed etnia”, aveva detto a Numero. “È una questione di esperienza. Porta nuove idee in tavola. E sarebbe bello se l'industria della moda le considerasse davvero e le facesse sue".
Per Abloh, che ha sfilato alla 92esima edizione di Pitti Uomo nel 2017, la moda era necessariamente politica; un mezzo per promuovere la lotta al razzismo. Le sue collezioni sia per Off-White che per Louis Vuitton hanno celebrato storie vicine alla sua identità afroamericana e alle sue radici ghanesi, mostrando al mondo chi era. La sua idea di diversità non si concentrava tanto sull'essere radicali quanto onesti. “Onesti rispetto alla storia del mondo così com'è e non come ci è stata raccontata per tutti questi anni. È un approccio olistico. Non penso alla diversità come a un semplice extra da aggiungere al mio lavoro, ma come a una componente essenziale. Questo si vede chiaramente nelle storie che racconto, nelle immagini che creo e nelle persone che assumo".


Oltre a portare in passerella una varietà più ampia di identità e modelli, l’impatto più decisivo di Abloh è stato a livello sistemico. Per promuovere l'inclusività in tutti i settori dell'industria, ha lanciato il Post-Modern Fund in collaborazione con Evian, Farfetch, Louis Vuitton e il Fashion Scholarship Fund, che gli ha permesso di raccogliere 1 milione di dollari in borse di studio per studenti Black di moda. "Mi sono sempre impegnato per dare alla prossima generazione di studenti le stesse basi per il successo che sono state date a me", spiega con le sue parole il sito del Fashion Scholarship Fund.
E sono proprio iniziative lungimiranti come questa che Pitti Uomo sta promuovendo per ottenere più uguaglianza e inclusione nella moda. La Fondazione Pitti Discovery, da diverse stagioni, promuove con il progetto Guest Nation i fashion designers e i fashion brands che provengono da contesti sottorappresentati, come ad esempio Nigeria, Ucraina, Georgia, Brasile, Portogallo, Corea del Sud, Cina, Scandinavia e Turchia.
A Pitti Uomo 99, l'Ethical Fashion Initiative (EFI) ha lanciato le collezioni di quattro tra i più interessanti talenti della scena creativa africana. JIAMINI, Lukhanyo Mdingi, Margaux Wong e WUMAN sono stati selezionati tra centinaia di candidati da tutto il continente per partecipare alla prima edizione dell’Accelerator Programme.

Dopo un percorso di mentorship e aver ricevuto supporto in ambito business da parte di una giuria di esperti, tra cui Hirofumi Kurino di United Arrows, Susi Billingsley di Ethical Fashion Initiative e l'attivista e attrice Dakore Egbuson-Akande, i quattro brand hanno debuttato in fiera con una speciale presentazione digitale su Pitti Connect, culminata con la pubblicazione online delle loro sfilate.
Il concetto di inclusività a Pitti Uomo sarà al centro del progetto di SAPIO e AVANT TOI che guardano al fascino genderfluid della moda creando capi senza tempo che sfuggono alle tradizionali logiche di genere, creando capi che ben si adattano al corpo, assecondando l’anatomia maschile e femminile.
Un altro brand da tenere d'occhio è HANNES ROETHER, dalla Germania, che supera ogni barriera anagrafica.
I capi realizzati dai designer tedeschi del marchio combinano fibre naturali ruvide come cotone, lino e seta in colori scuri e tenui su silhouette inaspettate dal fascino ageless.
Con l’avvicinarsi della stagione S/S 23 e con le presentazioni che stanno tornando ad animare tutte le capitali della moda, ci chiediamo se la moda davvero riuscirà a compiere i passi necessari per un futuro più plurale ed inclusivo
Le fashion week e le fiere sono certamente ottime piattaforme per permettere ai designer di rinnovare il loro impegno sociale, riflettendo di conseguenza la "voglia di cambiamento", ma non offrono necessariamente una rappresentazione accurata delle pratiche di inclusione attuate a diversi livelli.
 
Ma soprattutto, il fashion system dovrebbe concentrarsi su ciò che accade dietro le quinte ogni giorno, non solo due volte l'anno in passerella, per promuovere un cambiamento sostenibile a lungo termine. Politiche di assunzione inclusive, la diversificazione del personale e la creazione di ruoli specifici, come quelli di chief inclusion officer o chief diversity officer, sono essenziali per stimolare un cambiamento e garantire che questo includa anche i centri di potere aziendale e si dirami a tutti i livelli.

Words Samutaro
Pictures Julien Tell

 
I brand citati su Pitti Connect: