Sono i dati che emergono da uno studio condotto su 5.000 persone in 4 paesi (Italia, Francia, Germania, Uk) dall’Institut français de la mode e presentati da Gildas Minvielle, direttore dell’Osservatorio economico, nell’ambito dei digital talk organizzati sulla piattaforma numerica di Première vision, partner dell’inchiesta. Gli europei vogliono continuare a consumare moda, mettendo, qualunque sia la loro età, l’eco-responsabilità e la produzione locale al primo posto dei criteri delle loro scelte. Inoltre, nell’ 83,7% dei casi, i clienti si dirigono verso «prodotti atemporali» e «di migliore qualità anche se più cari» (47,3%).
Lo studio conferma un trend già registrato da tempo: il 64,1% degli europei vuole articoli fabbricati con materiali eco-responsabili e il 30,1% è pronto a pagarli di più. La percentuale è ancora più alta con la fascia dei 18-34 anni: il 73,1% è attento alle origini dei materiali e ai processi di fabbricazione. Le etichette sono diventate uno strumento d’informazione essenziale: il 60% dei consumatori guarda dove è stato prodotto il capo, una cifra che in Italia tocca addirittura il 73,5%. L’epidemia ha rimesso dunque al centro dell’atto d’acquisto il luogo di produzione, che dev’essere di preferenza il proprio paese (58,5%), con una frangia di consumatori pronta a boicottare i capi fabbricati all’estero (26%, che sale a 33% con i 18-34 anni). Anche il mercato dell’usato è in forte ascesa: il 30,8% degli europei afferma che comprerà abbigliamento di seconda mano nei prossimi mesi (il 44,3% dei giovani interrogati).
Un trend che tuttavia in Italia si affaccia timidamente (24,1%) e che ha particolarmente successo in Francia e Uk, soprattutto con i giovani (rispettivamente 54,1% e 45,9%). Infine, in periodo di crisi, si pensa soprattutto ad acquistare prodotti in promozione (85,5%), anche se da più esperti del settore emerge l’esigenza di ridurre i periodi di saldi in favore di un avvicendamento più armonioso delle collezioni.
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