Telfar parla di Telfar : "Vogliamo essere ovunque"
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Edizione 97
02.01.2020
L'intervista con lo Special Project di Pitti Uomo 97
TELFAR è lo Special Project di Pitti Uomo 97.
Il rivoluzionario brand unisex, che promuove un’idea di moda e di business inclusiva e accessibile coniugando estetica, arte, identità di genere e funzionalità, è stato fondato nel 2005 a New York da Telfar Clemens. In vista dell'evento speciale in programma a Pitti Uomo giovedì 9 gennaio a Palazzo Corsini, lo abbiamo intervistato.
 
Dall’abbigliamento unisex ai negozi temporanei, lei ha anticipato molto di ciò che sarebbe poi diventato centrale sulla scena della moda contemporanea. Adesso dove la sta portando la sua idea del futuro?
TELFAR: Vogliamo operare sia sul piano del business che su quello creativo - non come fanno altri. In questo momento siamo interessati ad operare più nel settore della musica e della TV, a trovare un canale completamente diverso attraverso il quale comunicare.
 
La shopping bag Telfar è diventato un accessorio di culto ad un prezzo accessibile. Che cosa significa, per un brand di avanguardia, realizzare un prodotto mainstream e ottenere un grande successo?
È bello. Abbiamo sempre voluto operare ad un certo livello secondo una modalità molto americana, come Ralph Lauren e Gap... quindi la popolarità della borsa è una cosa bellissima. Vediamo post taggati in Alabama e a Chattanooga e a Baltimora, ed è veramente un sogno. Non ci sono fashion store in quelle città, ma lo stile è ovunque.
 
Nel suo processo creativo, quanto è importante la presentazione della collezione, il fashion show?
Adesso è centrale. Penso che gli abiti ne costituiscano la metà, mentre l’altra metà è ciò che mostrano – in definitiva come e che cosa esprimono.
 
E in particolare che cosa significa per lei il fashion show a Pitti Uomo?
Onestamente è un onore, perché, anche se non ne avevamo bisogno, nelle ultime due stagioni ottenere riconoscimenti dal sistema moda europeo ha significato molto per noi. È stato piacevole essere accolti positivamente dopo la nostra prima presentazione a Parigi, e Pitti è un vero faro nel mondo della moda. Questa è la 97° edizione: un evento consolidato quanto nessun altro, pur rimanendo assolutamente e concretamente incentrato su tutto ciò che è nuovo.
 
Lei ha dichiarato che vuol rendere Telfar – brand americano – più globale. Che cosa intende dire con questo? E quali sono le sfide che ciò comporta?
Non si tratta di "americano" contro "globale". Un quartiere di New York è molto più lontano dal centro di quanto non lo sia Shanghai. Vogliamo essere ovunque, come la musica è ovunque e sa rendere sfumati i confini.
 
Ha iniziato a produrre in Italia. Com'è lavorare qui?
Fantastico.
 
Il tema dello spostamento e della migrazione svolge un ruolo nella collezione che presenterà a Firenze?
Lo svolge da sempre, ma non è mai stata una cosa così ovvia come piace descriverla alla stampa! Abbiamo dovuto creare un mondo in cui esistere, perché l'unico che avevamo era inabitabile... quindi, finché non arriva il successo e il marchio non diventa un brand innovativo, si può parlare di sopravvivenza. Ma in realtà è una forma di viaggio... verso un luogo che non esiste ancora. Che non esiste finché non ci arrivi. Questa è migrazione.
 

Qual è la sua esperienza dell’Italia e della moda italiana? 

Alora!